(Fonte: Fondazione Leone Moressa)
VENEZIA — Crisi o non crisi, quando si tratta di assistere un
familiare non autosufficiente o di avere un aiuto in casa, gli italiani non
smettono di mettere mano al portafoglio. Lo dimostrano i dati della Fondazione
Leone Moressa di Venezia, secondo cui in 10 anni il numero di lavoratori
domestici stranieri iscritti all’Inps è quintuplicato (+408,3%), sfondando
quota 711mila e diventando l’81,5% del totale dei lavoratori domestici.
Oltre la metà proviene dall’Est Europa (57,3%), area che ha
visto un incremento esponenziale in 10 anni: +1.270,5% dal 2001 al 2011. Un altro
20,5% proviene dal continente asiatico, il 10,8% dal Sud America e il 9,4%
dall’Africa. L’età media delle lavoratrici — sono quasi esclusivamente donne -
è di 41 anni, che sale a 43 tra le comunitarie (contro i 46 anni medi delle
italiane). L’impegno medio è di 28 ore settimanali (8 in più rispetto alle
lavoratrici italiane) per 33 settimane all’anno. La retribuzione media annua è
di 5.828 euro, con le extracomunitarie che percepiscono di più rispetto alle
comunitarie (5.905 contro 5.631 euro). Complessivamente, le colf e le badanti
di origine straniera versano all’Inps 699 milioni di euro, per un contributo
medio annuo pro capite di 985 euro. Negli anni, questa categoria ha registrato
nei versamenti un trend in costante aumento: + 487,6% dal 2001 al 2011.
La maggior concentrazione di lavoratrici domestiche straniere si
registra nelle province di Roma, Milano e Torino. La capitale, da sola,
raccoglie il 14,7% del totale, Milano l’11,5% e Torino il 4,4%. Analizzando
invece il numero di lavoratori domestici sul totale degli anziani over75,
ancora una volta Roma e Milano si distinguono: nella capitale il rapporto è di
259 badanti per 1.000 over75, nel capoluogo lombardo di 209, mentre a livello
nazionale è di 116.
“I dati presentati non descrivono in realtà tutto il
fenomeno — avvisano i ricercatori della Fondazione Moressa -, dal momento che
molte badanti lavorano in nero e che, forse, molte famiglie non dichiarino
tutte le ore effettivamente lavorate”. Accanto alle procedure di emersione
– spiegano — “la politica migratoria dovrebbe riconoscere a questo lavoro
una vera e propria professionalità e incentivare le famiglie alle assunzioni
regolari”. (gig)
(29 gennaio 2012)
Link alla fondazioneleonemoressa.org