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White, dalla Nigeria all’Italia per raggiungere la ‘terra promessa’

    La sto­ria di un gio­vane richiedente asilo che ha viag­giato in mare tre giorni e che ha las­ci­ato il suo Paese a causa di con­flitti politici e religiosi

    Lawrence White ha can­tato sotto le stelle. Ha can­tato e pre­gato che il suo viag­gio della sper­anza andasse bene. Un viag­gio durato tre giorni a bordo di una car­retta di mare, una di quelle barche che attra­ver­sano il Mediter­ra­neo per portare i migranti dalla Libia in Italia. Migranti che scap­pano dai loro Paesi per sfug­gire a guerre, fame, per­se­cuzioni. Come White, 25 anni e gli occhi grandi come il sor­riso che riesce ancora a regalare a chi gli chiede di rac­con­tare un po’ della sua sto­ria, di quello che ha vissuto.

    White: Sono andato via dal mio Paese per­ché avevo prob­lemi di tipo politico e ho visto molti dei miei amici arrestati. Ho las­ci­ato la Nige­ria a causa di prob­lemi politici. Sono andato via per­ché molti dei miei amici veni­vano arrestati e rischi­avo di essere arrestato anch’io. Quindi sono dovuto par­tire

    Ma White ha las­ci­ato la Nige­ria anche per motivi reli­giosi: lo scon­tro tra cris­tiani e musul­mani che ha provo­cato numerose vit­time. White è cris­tiano e non nasconde la sua fede. Anzi, è pro­prio in Dio e nella preghiera che trova la forza di andare avanti. Anche se durante il viag­gio ha toc­cato da vicino la sofferenza.

    White: E’ un’esperienza che non auguro a nes­suno. Il viag­gio è stato molto dif­fi­cile. Molti ragazzi non ce l’hanno fatta. Le con­dizioni della barca erano inu­mane. E ave­vamo tanti prob­lemi. La pelle si scre­polava sotto al sole. Io ho pianto spesso sulla barca per­ché la gente moriva men­tre parlavo ed io non potevo fare niente.

    Durante il viag­gio sulla barca White ha pen­sato sem­pre alla madre. Di lei non ha più notizie da quando è arrivato in Libia, da quando gli hanno separati.

    White: Pen­savo a mia madre. Ma soprat­tutto al fatto che potevo morire e la mia famiglia era lon­tana. La mia prima sper­anza era per loro, anche se in realtà non sapevo neanche se mia madre fosse ancora viva. Vedendo i miei amici morire non potevo fare altro che pre­gare per la mia anima e tentare di soprav­vi­vere. Non sape­vamo ove eravamo e dove stavamo andando.

    Poi lo sbarco a Lampe­dusa, in Italia e la sper­anza di essere arrivato in ‘Par­a­di­sio’, di non avere più problemi.

    White: Sì, pen­savo di essere arrivato in Par­adiso e che tutti i prob­lemi fos­sero finiti. In realtà, ne sorsero di nuovi, ma immag­i­navo che con l’arrivo in Italia sarei stato felice. Per me era come la terra promessa. Così ce l’avevano descritta. Nes­suno poteva immag­inare il ripresen­tarsi di situ­azioni già vis­sute. Era una situ­azione para­dos­sale: vol­e­vano da noi dei doc­u­menti, vol­e­vano sapere se eravamo qui per lavo­rare, se ave­vamo un lavoro. Ma non ave­vamo nulla di tutto ciò. Il ris­chio allora era di tornare indi­etro. E noi non vol­e­vamo asso­lu­ta­mente tornare indietro.

    Ma da Lampe­dusa lo hanno mandato al Cen­tro d’Accoglienza per richiedenti Asilo di Borgo Mez­zanone. E qui che White ha pre­sen­tato la domanda come richiedente asilo politico.

    White: Sono rimasto molto sor­preso per­ché indipen­den­te­mente da quello che dice­vamo, la Com­mis­sione ha dato alla mag­gior parte di noi una risposta neg­a­tiva. E ciò sig­nifi­cava per noi il pre­fig­u­rarsi la con­dizione di irre­go­lari, in quanto non avendo soldi, lavoro e tutto ciò che serve per avere il per­me­sso di sog­giorno e soprat­tutto un avvo­cato, non pote­vamo rice­vere e godere di nes­suna forma di assis­tenza e servizi. Il prob­lema era che non avevo nes­suno a cui far rifer­i­mento o su cui pog­gia­rmi, non avevo famil­iari. Sem­brava che il mio pas­sato, il mio vis­suto fos­sero irril­e­vanti al fine di poter essere legal­mente accolto. E questo era un problema.

    E adesso cosa stai facendo?

    White: E adesso è un prob­lema. Non ho soldi, non posso pagare l’avvocato, non ho dove dormire, non ho una casa. Ho pochi amici e molti di loro sono anche ripar­titi. Insomma, ho molti problemi.

    Intanto White coltiva il suo tal­ento, il dono rice­vuto in cam­bio della dura prova che ha dovuto affrontare. E com­pone, scrive can­zoni, melodie. Testi che hanno il com­pito di rac­con­tare agli altri la sua storia.

    White: La mag­gior parte degli ital­iani non conosce i prob­lemi che abbi­amo avuto nel deserto, nel mare e tutto ciò che abbi­amo pas­sato. In molte delle mie can­zoni parlo del mio vis­suto per­ché questa è una neces­sità che sento den­tro di me. Io ho molti sogni. La cosa che mi piac­erebbe fare è poter cantare ovunque vada. Ma adesso penso a mia madre per­ché non so dove sia. Dove è? Come sta? Vor­rei rived­erla. Vor­rei che un giorno rius­cis­simo a ricongiungerci.

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