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…‘una passione che non si può esprimere pacatamente, disciplinatamente, morigeratamente’

    Una let­tura per riflet­tere sulla relazione nella domes­tic­ità (sepp­pur di lavoro)
    La porta - Romanzo di Magda Szabo’
    dal Link VocidiArtiste

    La Porta narra la sto­ria del rap­porto fra la scrit­trice e la sua donna delle pulizie, Emerenc.
    Emerenc, il per­son­ag­gio prin­ci­pale su cui ruota il romanzo, emerge, prende con­sis­tenza, esce dall’ombra e viene illu­mi­nata in tutta la sua grandezza trag­ica gra­zie all’instaurarsi di un legame d’amore, d’amicizia, di com­plic­ità, ma anche di grande scon­tro e con­flitto, fra le due donne.
    Il rap­porto, durato ven­tanni, è rac­con­tato con con­tinui sposta­menti fra il pre­sente e il pas­sato e si allarga alla rap­p­re­sen­tazione di una serie di fig­ure che con­tor­nano coral­mente la vicenda, altret­tanto par­ti­co­lari e quasi leggen­darie.
    Intrec­ciata alla vicenda umana di Emerenc e della scrit­tice, è nar­rata la sto­ria dell’Ungheria, dagli anni recenti — gli anni ottanta — in cui si accenna ad una mag­giore lib­ertà di idee e a mag­giori riconosci­menti dell’opera dell’autrice, in un per­corso a ritroso, non sequen­ziale, si torna all’invasione russa del ’56 e all’occupazione del ’44/45, al nazismo, alla dit­tatura degli anni trenta, fino alla prima guerra mon­di­ale e alla cos­ti­tuzione della prima repub­blica indipen­dente dall’impero asbur­gico.

    Fin dal primo approc­cio Emerenc si riv­ela imme­di­ata­mente una per­sona sin­go­lare, fuori dagli schemi: è lei a sta­bilire le regole e il con­tratto del suo lavoro, le ore da lavo­rare e la sua paga. In com­penso, lavora, sgob­bando senza risparmi­arsi, mostran­dosi impec­ca­bile in tutto quello che fa, cosciente del val­ore del suo lavoro. La donna, ‘la vec­chia’ come spesso viene nom­i­nata nel romanzo — per­ché già anziana quando inizia la sto­ria — , pur intrat­te­nendo molteplici relazioni di lavoro e di buon vic­i­nato, è molto chiusa, gelosa della pro­pria vita, delle sue cose, dei suoi affetti; mantiene una dis­tanza di sicurezza fra sé e gli altri e non per­me­tte a nes­suno di var­care la porta della sua casa; persino i par­enti, il figlio del fratello a cui è molto legata, il
    tenente colon­nello della polizia che la pro­tegge, ven­gono rice­vuti nell’atrio di casa sua.
    Il senso di questo mis­tero, di questa chiusura si chiarirà man mano con lo sve­larsi della sto­ria e con il muta­mento del rap­porto fra le due donne. Rap­porto che evolverà in una relazione d’amore –anche materno e fil­iale — e come tale fatta di atten­zione, di rispetto — che Emerenc via via con­quista -, di intim­ità e di con­fi­denze dalle quali affior­eranno, in un rac­conto quasi onirico, gli episodi dram­matici e deter­mi­nanti della sua vita.
    Nella casa, a cui nes­suno può accedere, c’è il mondo che ha potuto sal­vare dalle rovine della sua esistenza; nella casa c’è il suo mondo seg­reto, tutto quello che le per­me­tte di andare avanti, e la chi­ave della sua vita e del suo mondo non viene data a nes­suno.
    Quando ciò avverrà, e sarà per amore e fidu­cia, sarà la sua fine.

    Per­ché Emerenc quando ama lo fa inten­sa­mente e senza con­dizioni e l’attaccamento che ad un certo momento prova per Magda, la scrit­trice, è ‘una pas­sione che non si può esprimere pacata­mente, dis­ci­plinata­mente, morig­er­ata­mente’. Il sen­ti­mento è rec­i­proco, e coglie Magda di sor­presa quando si accorge che, dopo la morte della madre, ‘Emerenc era stato l’unico essere umano cui aveva con­cesso di avvic­i­narsi’.
    Eppure, come una maes­tra, alla sua allieva un po’ troppo fiduciosa, Emerenc, a propos­ito dell’amore, con­tinua a ripetere alla scrit­trice: ‘impari soltanto una cosa, non bisogna mai amare nes­suno per­du­ta­mente per­ché altri­menti si causa la sua rov­ina. Se non è prima sarà poi. La cosa migliore è non amare mai nes­suno…
    Per­ché nasca questo attac­ca­mento, questa con­fi­denza, è insp­ie­ga­bile: fra le due donne, di fatto, mag­giori sono i punti di con­flitto che quelli di con­tatto. Però l’amore non si sceglie, non guarda in fac­cia a nes­suno e soprat­tutto è impre­scindibile agli essere umani.
    Emerenc non conosce com­pro­messi e al pari di quello che dà, richiede e, prima di tutto, l’essere con­sid­er­ata con tutte le sue manie, i suoi credo, le sue strav­a­ganze.
    Com­batte la Chiesa, i sac­er­doti e Dio; rep­uta tutti i lavori non man­u­ali ‘roba da pelandroni, una specie di truffa’ , dis­prezza gli intel­let­tuali, li ritiene dei paras­siti; non sop­porta la polit­ica, è indif­fer­ente alla vita pub­blica; odia il potere ‘in quanto tale, in qualunque mano fosse riposto, se mai fosse com­parso un uomo capace di risol­vere i prob­lemi dei cinque con­ti­nenti Emerenc si sarebbe comunque schier­ata con­tro di lui, sem­plice­mente per­ché aveva tri­onfato’.

    Ma i van­taggi che si trag­gono dalla sua ami­cizia sono enormi e di questo si rende conto la scrit­trice nelle molteplici occa­sioni nelle quali Emerenc, grande maes­tra di vita e pro­fonda conosc­itrice dell’animo umano, dura­mente ma gius­ta­mente la fa riflet­tere sui suoi atteggia­menti, sul suo tradizion­al­ismo nel vedere il mondo e gli altri, sve­landole lati del pro­prio carat­tere e difetti che pen­sava di non avere.
    Le dice: ‘Lei non capirà mai le cose sem­plici, vuole entrare da dietro anche se la porta è sul davanti’. E ancora: ‘lei dovrebbe imparare a dimen­ti­care, per­ché il suo cervello è come la resina, quando qual­cosa ci resta impigliato den­tro non esce più. Lei la fa pagare a tutti quelli con cui ha avuto da ridire, me com­presa. E almeno gri­dasse, invece no sor­ride. E’ la per­sona più ven­dica­tiva che ho incon­trato.
    E altret­tanto impor­tante, per la scrit­trice sco­prire come per Emerenc, sotto la durezza del carat­tere e la scon­trosità dei modi, la gen­erosità sia spon­tanea, nat­u­rale il suo donare all’opposto del pro­prio com­por­ta­mento, dove tutto è stato edu­cato, obbli­gato, pie­gato per rispettare le con­sue­tu­dini e le buone regole.
    Questa intensa relazione per­me­tte alle due donne di aprire le innu­merevoli porte delle stanze delle loro vite e con­sente alla scrit­trice di sve­lare la com­p­lessa grandezza della figura della ‘vec­chia’, non solo dando un sig­ni­fi­cato alla sua trag­ica esistenza, ma cre­ando un per­son­ag­gio fem­minile che per sig­no­ria, autorev­olezza, potenza, si col­loca fra le fig­ure del mito.
    Nel finale questo non sarà smen­tito: quando la porta più seg­reta verrà aperta, come pre­visto, la rov­ina si abbat­terà sulla casa.
    Negli incubi not­turni della scrit­trice, ormai anziana e sola, riv­ivono l’impotenza per l’irrimediabilità dell’accaduto e la con­sapev­olezza dei pro­pri errori e della pro­pria leg­gerezza, aggiun­gendo ulte­ri­ore dolore alla sof­ferta ammis­sione della pro­prie responsabilità.

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