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30/ 12/ 2024 ------ 18:08 siti web preferiti
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UNISCITI alle Acli Colf per la promozione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori italiani e stranieri che si occupano del lavoro di cura e dell’assistenza familiare!
ADERISCI ad un movimento che si batte per la tutela di un welfare familiare che va incontro alle nuove esigenze delle famiglie italiane e straniere!
CONTRIBUISCI alle nostre riflessioni per tutelare chi cura e chi viene curato!
Contatta la nostra SEDE NAZIONALE per avere maggiori informazioni o per individuare la sede Acli Colf a te più vicina.
Si è svolta a Roma la prima parte del corso di formazione“Rischi e responsabilità nell’ambito del lavoro domestico e di cura” organizzato dalle Acli Colf in collaborazione con la funzione formazione delle Acli Nazionali e il Patronato Acli, al quale hanno preso parte dirigenti e volontari Acli Colf, membri della categoria, ma anche diversi operatori del Caf e del Patronato.
Il corso è mirato a dare maggiori strumenti ai rappresentanti delle Acli Colf quali Dirigenti e quanti si occupano dello sviluppo dell’associazione nel sistema Acli, tutti provenienti da diverse parti dell’Italia: da Trento a Messina passando per Mantova, Reggio Emilia, Firenze, Siena, Roma, Reggio Calabria.., con una plurarità di culture: sono infatti rappresentate varie parti dell’Italia ma anche .. del mondo (Brasile, Nicaragua, Ecuador, Filippine, Ucraina, Romania,…).
Il corso è stato seguito con molto interesse dai partecipanti i quali si sono confrontati sulle diverse tematiche proposte, in un clima collaborativo, gioviale, in un gradevole scambio di esperienze.
Il percorso formativo “parla” proprio di aspetti importanti nell’ambito del lavorodomestico e di cura, come ad esempio la sicurezza sul lavoro e come sia fondamentale dare sempre e comunque priorità alle responsabilità che derivano da tale rapporto di lavoro, o ancora di come sia importante capire quando vi sono dei casi di mancato rispetto delle norme contrattuali e contributive.
Il ruolo che abbiamo noi è proprio quello di accompagnamento alla corretta gestione di tale rapporto/relazione di lavoro ed è per questo che è necessario avere la corretta preparazione in merito. Così come la nostra vita associativa può aiutarci a diffondere nella società i temi del lavoro domestico e di cura e a dare rappresentanza alla categoria.
Adesso siamo in attesa del secondo appuntamento formativo dal giorno 8 al 10 luglio sempre a Roma … a presto!!
Momenti di informalità e di allegria al Corso.
(di Adriana Di Nardo Almeida a nome del gruppo dei corsisti)
Dal sito di stranieriinitalia.it
Sono polacca e lavoro come colf da una famiglia. Sono obbligata a presentare la dichiarazione dei redditi?
Tali contributi non comprendono però la parte che ciascuna persona è tenuta a pagare a titolo di tasse e imposte per poter usufruire dei servizi che lo Stato offre attraverso i suoi uffici pubblici (Scuole, Ospedali, Comuni, ecc.).
Per la legge italiana, infatti, chiunque percepisce un reddito in Italia, da lavoro dipendente o autonomo, è obbligato, ogni anno, a fare la dichiarazione dei redditi, attraverso la quale si dichiara allo Stato quanto si è guadagnato nell’anno di riferimento. In proporzione al reddito guadagnato si è poi obbligati a pagare le imposte secondo delle percentuali fissate sempre dalla legge. Chiaramente più alto è il reddito più è alto l’importo da versare allo Stato.La norma fiscale prevede che non sussiste l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, ma questo solo se non si supera una soglia stabilita.
Detto ciò, ad una colf/badante che lavori per 365 gg l’anno, spetta per legge uno “sconto” fisso pari all’imposta dovuta fino ad un reddito imponibile di € 8.000,00, in questo caso nulla è dovuto allo Stato e quindi nessuna dichiarazione deve essere presentata. Sussistono però anche altre forme “Sconti”, come figli a carico, spese mediche, ecc. Pertanto se i redditi complessivi di lavoro dipendente, superano il predetto limite, bisognerà controllare, ai fini dell’obbligo di presentazione della dichiarazione, l’insorgere o meno dell’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi e di pagare eventualmente le tasse.
Pertanto le lavoratrici ogni anno dovranno verificare se hanno l’obbligo alla compilazione della dichiarazione dei redditi e al pagamento delle tasse. Tale dichiarazione si chiama modello “UNICO” e deve essere compilata nei mesi di maggio e giugno 2011. Questo vale sia per le lavoratrici di nazionalità italiana sia per quelle di nazionalità estera.
Per fare questa verifica è bene rivolgersi presso commercialisti o CAF, centri di assistenza fiscale, muniti della seguente documentazione:
1) Modello CUD (certificazione rilasciata dal datore di lavoro attestante il reddito percepito nell’anno 2010).
Infatti, il Contratto Collettivo Nazionale del lavoro domestico prevede che “Il datore di lavoro, a richiesta del lavoratore, è tenuto a rilasciare una dichiarazione dalla quale risulti l’ammontare complessivo delle somme erogate nell’anno”. Il datore di lavoro è obbligato, quindi, qualora la lavoratrice lo richieda, a fare questa dichiarazione nella quale venga specificato la retribuzione annuale corrisposta.
2) Codice fiscale della lavoratrice, dell’eventuale coniuge e figli a carico. Per le lavoratrici extra-comunitarie occorre essere in possesso dello stato di famiglia se i figli sono residenti in Italia, oppure di equivalente documentazione rilasciata dal paese di origine, tradotta in italiano ed asseverata come conforme all’originale dal consolato italiano presente nel Paese di origine.
Un rapporto stupefacente dall’Italia
La preoccupazione serpeggia a Como: qui il numero dei ragazzi che lasciano la scuola prima del tempo è il doppio rispetto a Bari. Anche i tentativi di spiegare il fenomeno suscitano perplessità.
Dal punto di vista economico i rapporti di forza appaiono chiari: il Nord Italia è fiorente, il Sud arranca. Da ciò si potrebbe anche dedurre che le scuole, al Nord, siano migliori, perché una buona preparazione scolastica è l’anticamera di un buon lavoro. Ma questa impressione non si conferma sempre, afferma il «Secondo Rapporto sulla qualità della scuola italiana» pubblicato di recente dal Ministero della Pubblica Istruzione italiano.
Uno su quattro abbandona la scuola
Ad esempio a Como, città del Nord vicinissima al confine svizzero, quasi il 22% dei ragazzi in età di obbligo scolastico abbandona anzitempo la scuola, mentre a Bari la percentuale è dell’11%. “Abbandonare anzitempo la scuola” significa non portare a termine i primi due anni del ciclo di scuola superiore, che dura 5 anni e che i ragazzi iniziano a 14 anni. Nel caso di Como, vuol dire che un ragazzo su quattro interrompe gli studi ancor prima di compiere 16 anni.
Secondo la rivista di settore “Tuttoscuola”, la media nazionale dell’abbandono scolastico da parte dei ragazzi è pari al 16,7%; a livello europeo si attesta al 15%. Da tre anni la tendenza è in aumento, soprattutto nelle regioni settentrionali di Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna, con un aumento superiore al 2%. Il primato negativo spetta a Novara, in Piemonte, con il 34% di abbandoni scolastici. Nelle regioni meridionali di Calabria, Basilicata e Puglia, al contrario, negli ultimi tre anni il tasso di abbandono scolastico è sceso di una percentuale che oscilla tra l’1 e il 4%. Con percentuali complessive tra il 20 e il 30% ci sono però ancora troppi abbandoni. L’eccezione è rappresentata dalle città, che vantano una percentuale di circa il 10%, sorprendentemente bassa.
Il miglioramento della situazione al Sud si spiega con una serie di campagne del Ministero dell’Istruzione. A Como, al contrario, aleggiano preoccupazione e stupore. L’abbandono scolastico in percentuali ben al di sopra della media sarebbe dovuto, tra gli altri fattori, anche al fatto che qui i ragazzi troverebbero lavoro molto più facilmente che nel resto d’Italia, secondo quanto afferma Giacomo Castiglioni nel giornale locale “La Provincia”. Il presidente di Univercomo, Associazione per la promozione degli insediamenti universitari in Provincia di Como, ammette però anche che, così facendo, i ragazzi peggiorano le loro prospettive future.
Cattiva consulenza ai ragazzi
Piuttosto curiosamente, la tesi di Claudio Merletti, capo del Provveditorato Regionale agli Studi, va in direzione opposta: “Alle scuole medie il compito di indirizzare i ragazzi alla scelta delle superiori è affidato per il 90% a insegnanti donne con una preparazione prevalentemente umanistica. Non sarebbe meglio incaricare di questo compito di consulenza due persone di riferimento con una formazione diversa l’una dall’altra?”. Forse con queste parole Merletti vuole insinuare che queste insegnanti sarebbero eccessivamente di parte e non sarebbero in grado di consigliare gli studenti abbastanza bene da prevenire il loro abbandono scolastico. Forse sarebbe meglio pensare ad altre proposte per migliorare il sistema. Per esempio un master specifico per diventare “insegnanti-consulenti”.
Aumentano le richieste al Microcredito (foto Dipietro)
Siena, 16 aprile 2011 - La perdurante crisi economica crea disoccupazione e, con essa, disagi sociali anche laddove fino ad oggi resistevano isole felici. I nuovi poveri sono italiani e, soprattutto, donne che hanno superato, per numero, i migranti. E’ quanto emerge dall’analisi dei dati del Microcredito di Solidarietà che presenta all’assemblea dei soci il bilancio 2010 registrando prestiti erogati nel Senese per circa 800mila euro su un complessivo di un milione e 70mila euro (+18,4% rispetto al 2009) e 596 domande di finanziamento analizzate (+25,7% rispetto al 2009). Le donne sono più colpite dunque e si confermano uno degli anelli più deboli della società. In molte famiglie la retribuzione del marito non basta più, maggiormente nel caso in cui sia stato licenziato o in cassa integrazione.
Ecco quindi la necessità che anche la donna ricorra all’indebitamento per fronteggiare le spese del menage familiare. In proposito i sociologi definiscono questo fenomeno come l’emersione della categoria dei ‘nuovi poveri’, divenuti tali a seguito della perdurante crisi economica del Paese, che non riescono più a quadrare i conti della famiglia. Così si ricorre all’indebitamento per pagare gli affitti arretrati, o le utenze, oppure il necessario per gli studi dei figli come pure per acquistare un’ auto usata di modesta cilindrata.
Da ciò emerge l’attualità del Microcredito di Solidarietà, società finanziaria che nasce dalla concertazione tra il mondo dell’impresa, degli enti locali, religiosi e del terzo settore. L’idea sorse nel 2005 quando ancora non si avvertivano i primi sintomi della successiva crisi finanziaria ed economica: una riprova della lungimiranza della comunità senese che volle farsi carico – anche per questo aspetto – delle difficoltà dei soggetti più deboli.
Il valore medio dei prestiti nel 2010 è stato pari a 3.770 euro confermandosi sui livelli del 2009 per avere risorse per favorire più persone. La crisi ha pesantemente colpito la famiglia, soprattutto quella monoreddito. Ben il 35% delle motivazioni per la richiesta di un prestito dipendono dalla necessità di rimodulare i debiti accesi in precedenti periodi, mentre il 31 % di chi si è rivolto al Microcredito ha necessità per affitti ed utenze, spese mediche o sostituzione di una vecchia auto. Il pagamento dell’affitto risulta ancora l’esigenza più ricorrente tra le cause dell’indebitamento. Non mancano casi di famiglie laboriose che vogliono avviare piccole attività come mini imprese di pulizie o di commercio.
Il Ministero dell’Interno ha esaminato le circa 1.000 domande presentate per beneficiare dei finanziamenti previsti dal Fondo Europeo per l’Integrazione dei cittadini dei Paesi Terzi.
Tra i progetti, a valenza territoriale approvati e ammessi al finanziamento, è stato approvato quello presentato dalla Provincia di Siena in collaborazione con l’Arci, la Direzione Didattica Statale 1° Circolo e il Consorzio Arche’ di Siena.
Il progetto, denominato “IntegrarSi”, valutato favorevolmente anche dal Consiglio territoriale per l’immigrazione di Siena, si rivolge a minori che trovano difficoltà ad inserirsi e a sostenere positivamente percorsi di istruzione, formativi e professionali.
La proposta approvata mira a promuovere la conoscenza approfondita della lingua italiana, da parte dei giovani stranieri di prima e seconda generazione, fornendo anche un approfondimento sui principi fondamentali su cui si regge lo Stato Italiano, i diritti e i doveri dei cittadini e le principali caratteristiche dell’ordinamento dello Stato.
Sono altresì previste significative azioni di politica attiva del lavoro, destinate a favorire la socializzazione e l’inserimento, con interventi mirati nella delicata fase di transizione, fra sistemi dell’istruzione e mondo del lavoro, che prevedono anche l’erogazione di moduli personalizzati per la formazione professionale, stage e tirocini.
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